venerdì 6 luglio 2012

Caos di un'Esplosione Silenziosa

"Era fermo e silenzioso da giorni. Ultimamente gli capitava sempre più spesso di rotolarsi fra le lenzuola del letto, in quello stato, perso in un limbo in cui il tempo trascorreva, ma in cui i suoi pensieri, invece, rimanevano statici. Il fatto che il padre avesse scelto per lui un appartamento intero, lasciandolo da solo senza coinquilini, non l'ha molto aiutato nella sua presa di coscienza con le relazioni umane, al di fuori di sé stesso e della famiglia. Troppo timido, troppo indeciso, troppo silenzioso. Troppi troppo e, alla fine, seguendo questa scia umida e sudaticcia del suo sentito, Gab s'è ritrovato senza più una qualche motivazione per decidere di alzarsi ed uscire fuori da quella porta.
Di tanto in tanto si alzava giusto per mangiare, per bere e per compiere i suoi bisogni giornalieri; il tutto era condito da una svogliatezza che lo rendeva sempre più simile ad un bradipo, invece che ad un essere umano. Non si vestiva nemmeno più, direttamente nudo da mattina a sera, senza soffrire né il freddo e né il caldo, grazie all'aria tenuta costantemente sotto controllo dai circuiti interni di climatizzazione. Non seguiva più un corso all'università, s'era lasciato andare del tutto chiudendosi nel suo piccolo guscio fatto da puntaspilli, splendido esemplare di riccio al quale andava ad assomigliare sempre di più, destandosi di tanto in tanto solo grazie allo scambio postale che intratteneva con la sorella. Quante bugie le avrà detto per non farla preoccupare, per far sì che non si rendesse conto del suo stato d'animo - e non solo quello - che, però, sceglieva le parole al posto suo, intrecci di sensi che, alla fine, nemmeno si rendeva conto dei messaggi che essi potevano nascondere se letti fra le righe.
Stava perdendo tutto, piano piano: la sua umanità andava via via a sgretolarsi fra le mani di una coscienza che lavava i panni in una pozza di fango, ormai stufa di quel ricambio del quale doveva prendersi il merito continuo, di purezza e limpidità. E' difficile, a questo punto, che una semplice traccia di lui decidesse di farsi forza e di farla anche agli altri stati del suo Io; quel coro armonioso che cantava contro il vento, ormai s'è spezzato. Gab ne aveva preso coscienza e, alla fine, stava per soccombere al di sotto di questo peso.
Non c'era più una foto integra della sua famiglia, lo spauracchio del padre continuava ad andargli contro e lui l'assecondava, nella speranza che un giorno lo lasciasse in pace, che dopo tutti i contentini richiesti, magari lui ne avrebbe lasciato qualcuno a pro del figlio. Chi è avaro, però, non ha mai da accontentarsi e, Olaf Astrom, aveva lasciato sulle spalle del figlio la pendenza di un fantasma quasi vivido e carnale che stava sempre lì a respirargli sul collo, quasi avesse effettiva consistenza per lui. Ed era un singhiozzare continuo, ma il pianto non s'era mai riuscito a consumarsi, tenendo le sue braccia consolatorie lontane dall'animo di Gab, quasi ne avesse timore, terrore, un'insano ed orripilante raccapriccio.
Più andava avanti, più non aveva idea sul da farsi. Più il tempo trascorreva, più la sua mente invece si chiudeva negli eventi del passato, tenendo lontano da lui qualsiasi luce aleatoria che potesse provenire dalle speranze del futuro. Nessuno scintillio di colori fra accostamenti di grigi e di neri, fino a diventare una pura notte assoluta, senza stelle.
Quante parole, semplice immaginazione, un tentativo continuo di spiegare qualcosa che, se non si ha provato nella vita, difficilmente lo si può comprendere. E' una malattia dell'animo che cova fra i sentimenti di un individuo, ed al posto del cuore ci si ritrova con un macigno talmente pesante che non si riesce nemmeno più a camminare dritti. Sempre, ovviamente, nel caso in cui, alzandosi dal letto, si riesca a compiere più di qualche passo, l'uno dopo l'altro, per un tragitto continuo almeno di dieci minuti. Gli ha fatto del male, diamine quanto gliene ha fatto. E l'ha fatto così violentemente che non c'è nessuna legge planetaria che trova punizione adatta, lasciando così che nella società questa forma di barbarie potesse continuare ad attecchire senza problemi. E l'ha fatto con così tanta naturalezza, che il ragazzo si trovava a disagio nella sola idea di confessarglielo, in quanto per lui sembrava un'azione ovvia, giusta e dovuta, da parte di coloro che l'hanno indotto a ciò. Debole, solo perché sensibile."

[Scorcio sul BG di Gab, prima che mollasse gli studi di Economia]

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